di Valeria Lotti

“So-so-so-solidarité avec les femmes du monde entier!”: questo è stato il coro urlato da un gruppo di donne argentine sul red carpet sabato pomeriggio. Credo che anche chi non conosce bene il francese possa intuirne il significato, che è appunto solidarietà con le donne del mondo intero. Ma a proposito di cosa? È spiegato chiaramente dallo striscione che tenevano bene in vista e che chiedeva, in spagnolo, “aborto legale, sicuro e gratuito”. Il motivo è legato a ciò che sta succedendo in Argentina, dove molte donne (e non solo) si stanno battendo per cambiare la arcaica e restrittiva legge sull’aborto, che lo prevede solo in condizioni eccezionali ma che viene spesso violata – come nei più recenti casi che hanno coinvolto ragazzine violentate. La presenza di queste attiviste a Cannes è legata alla proiezione del documentario Que Sea Ley (Let it be law) di Juan Solanas, presentato fuori concorso.

Un altro documentario che riguarda problemi sociali è On va tout péter (Blow it to bits) di Lech Kowalski. Ci mostra le proteste degli operai della GM&S in Francia, che, al fallimento della fabbrica, si battono per chiedere al futuro proprietario di riassumerli tutti o almeno di ricevere una buona liquidazione al licenziamento. Kowalski è stato con loro per mesi, seguendoli nelle loro infruttuose e sempre pacifiche proteste. Quel che più tocca lo spettatore è il lato umano del documentario, la cui scena più significativa è lo scambio di battute sulla pesca tra l’operaio e il poliziotto che è lì per bloccarlo: i due uomini trascendono il proprio ruolo in quella situazione per parlare di un hobby che li accomuna, riconoscendosi l’un l’altro in quanto persone, e non in quanto rappresentanti di due schieramenti opposti. Il rispetto che nutrono l’uno per il lavoro dell’altro è tangibile e quasi commovente, tanto che lo stesso Kowalski ha eletto questa scena la sua preferita. E quel che rende tutto ancora più umano è la presenza sulla Croisette di alcuni degli operai protagonisti, catapultati al centro dell’attenzione dei media, in un mondo a loro estraneo ma in cui si muovono con la tranquillità di chi crede profondamente in una causa.

Vedete, un festival patinato come Cannes può essere tante cose, anche l’occasione per dare visibilità a chi lotta, nel suo piccolo, per il diritto alla giustizia e all’uguaglianza.

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