Domenica si è tenuta la serata finale del CFF-Civitanova Film Festival. Ai microfoni di Radioselfie.it è intervenuto Luca Ferri, regista di Colombi, il corto che si è aggiudicato il Premio Fango&Assami e quello come Miglior sceneggiatura.
Il suo è sicuramente un modo di fare cinema inusuale. La risposta del pubblico è stata alcune volte ilare, altre riflessiva e qualcuno si è anche commosso. Come nasce l’idea di COLOMBI e a cosa si è ispirato? Nasce dal rapporto che mi lega all’attore del film, Dario Bacis, che è il protagonista di tutti i miei film di cui è stato sempre l’unico interlocutore e attore. Questo film è l’ultimo, chiude un filone, di cui fa’ parte anche un lungometraggio, e adesso stiamo partendo con un altro ciclo di lavori senza il timore di mettersi in discussione affinché non si corra il rischio di far diventare il tutto qualcosa di consolidato e finire poi per adagiarsi sul lavoro fatto finora.
Il rischio del nostro tempo è proprio quello di cadere nel banale. Penso che la cosa importante per un regista sia proprio quella di perdere, il che sembra quasi una provocazione, le persone che ti seguono, sfoltendo il più possibile questo gruppo. Solo così riesci ad essere coerente con te stesso e a non perdere la tua dignità.
Quanto tempo ha impiegato per la realizzazione di Colombi dallo storyboard alla fase di montaggio vera e propria? Sono state girate due sessioni a distanza di un anno. Avendo lavorato con un supporto analogico e non digitale si sono allungati moltissimo i tempi visto che è stato sviluppato interamente in casa; la realizzazione dalla scrittura è durata due anni e se si pensa che parliamo solo di venti minuti di film ci rendiamo conto della mole di lavoro che c’è dietro. Su questo incide anche il mio essere critico soprattutto con me stesso, infatti ho sempre pensato che il primo nemico di te stesso debba essere tu.
La terza persona, la voce narrante della storia, può sembrare quasi una ‘coscienza sopra ogni cosa’ C’è indubbiamente qualcosa di autobiografico in questo punto di vista che è di disapprovazione per il cinema cosi come per l’arte contemporanea o piuttosto verso il design industriale. Una sorta di autocoscienza che un po’ consapevolmente un po’ no tira fuori quella parte di me che si intravede nel corto.
Ci può già svelare qualcosa sui prossimi lavori? Abbiamo da poco terminato una pellicola, stavolta tutta a colori, girata al confine tra il Marocco e l’Algeria, in una zona desertica e la tematica è Adamo ed Eva. Il titolo originale che poi è stato cambiato era: Abbiamo preso Adamo ed Eva e gli abbiamo fatto fare tutto da capo.