di Valeria Lotti e Roberto Sapienza
Che sia benedetto il giorno di apertura del festival! Sì sì, avete letto bene: benedetta apertura. Perché è una giornata festivaliera atipica, così stranamente tranquilla, in cui i giornalisti studiano il programma in un clima amichevole, mentre si sistemano in albergo e prendono dimestichezza con i luoghi intorno al Grand Palais. Molti, inclusa la sottoscritta, si dedicano a infiniti scambi di email con gli uffici stampa per ottenere qualche intervista.
Ma al calar del sole tutto cambia, e i sorrisi diventano ghigni, i volti rilassati si trasformano in smorfie tese: si avvicina la prima proiezione e comincia la lotta per i posti! Creature generalmente pacifiche si tramutano in affamate orde di zombie, che bramano ciecamente un posto, uno scoop, un’esclusiva.
A proposito di zombie, aprire la selezione ufficiale di Cannes 72 con “The dead don’t die” di Jim Jarmusch si è rivelata una scelta brillante. Jarmusch riscrive il genere piegandolo al proprio stile e alla propria visione di cinema. Questo film può essere definito una “zombie comedy”, perché ha una identità narrativa e una ricchezza di spunti e riflessioni che arrivano a conferirgli un profilo autoriale. Jarmusch gioca con i cliché sugli zombie inserendo nella sceneggiatura tematiche ambientali, sociali e spirituali, in modo da creare un buon equilibrio. “The dead don’t die” funziona, convince e strappa più di una risata, e sicuramente il merito è anche del cast di gran livello in cui spiccano la verve e il talento di Bill Murray, spalleggiato egregiamente da Adam Driver. Tilda Swinton conferma, se mai avessimo avuto dubbi, di essere una delle attrici più versatili e poliedriche in circolazione: tutti i personaggi che interpreta sembrano elegantemente cuciti su di lei, vista la straordinaria naturalezza con cui li porta sulla scena.
La fine del mondo pare inevitabile, almeno per il buon Jarmusch, perché anche gli zombie continuano a desiderare voracemente le stesse cose che desideravano quando erano in vita. E gli spettatori decideranno se essere dello stesso parere profetico. Gli inviati a Cannes, però, sono sicuri di una cosa: la fine del mondo deve attendere la conclusione del festival!